lunedì 25 gennaio 2010

(10) 6a Lezione: Darwin Aveva Ragione

Sono ossessivo compulsivo. Diffido dei supermercati, dei centri commerciali, delle grandi rivendite. Vado dal lattaio, dal panettiere, nei negozietti purché non superino i 40 metri quadri.

Motivo per cui non amo entrare in un sacco di posti, e tra essi le grandi librerie (cioé i mercati generali della carta), tra cui le onnipresenti Feltrinelli megashop multitasking book cd dvd tastiere chitarre calendari assorbenti mutande cazzo voglio solo comprare un libro.

Di solito comunico un titolo al mio libraio e lui me lo procura, addirittura con il 10 per cento di sconto. Ma stavolta non ce l'ha fatta. Sarà l'età, una distrazione, o il fatto che i due titoli che cercavo sono fuori catalogo: forse perché non ripubblicati, più probabilmente perché le copie restanti le ha comprate tutte Feltrinelli e le vende online.

E infatti li trovo online. Addirittura con pagamento contrassegno (col cazzo che vengo a darvi il numero della mia Visa, siete italiani, non mi fido!). Cedo e li ordino, nonostante Mario mi avesse avvisato, e vista la sua natura ultraterrena avrei dovuto dargli ascolto.

Entrare nel sito di Feltrinelli, innanzitutto, è una esperienza scivolosa. Ci hanno attaccato l'articolo, laFeltrinelli.it, come fosse un'amica, la Giovanna, come se si cucisse la cravatta alla camicia solo perché di solito vanno insieme. Scivoli su quell'articolo così determinativo che ti fa sentire un consumatore abituale.

Guardare il sito è come prendere un divano in un occhio, forme tonde e rosso tra il Ferrari e il porpora (e d'altronde, laFeltrinelli non poteva scegliere altro che ilRosso, e chi l'ha capita sa). Compili il solito modulo in cui ti chiedono nome, cognome, albero genealogico, riferimenti telefonici fax email pager blackberry e tuanonna, giùgiù fino al tremendo modulo di accettazione:

«Ai sensi di questaequella legge autorizzo laFeltrinelli a trattare imieiDati come cazzo gli pare a loro, per mandarmi i libri e anche la pubblicità e tuttecose, e se non accetto non solo non ricevo i libri, ma probabilmente vengo anche cancellato dall'anagrafe, mi annullano il passaporto, se sto male non viene l'ambulanza, e mi toccheranno sette anni di sfiga (tre con la condizionale)».

Accetto (che devo fare?).

Finisco l'ordine e stampo tutto (una volta si facevano le cose su carta, carta canta diceva mia nonna che infatti amava Di Stefano e diffidava di Pavarotti; oggi si fa tutto in via telematica e poi si stampa "così ne ho una copia". E' l'evoluzione tecnologica: è talmente veloce, ma talmente veloce, che si raggiunge da sola e riesce a sbattere la faccia sul suo stesso culo). E mi accorgo che ho commesso un errore nel digitare il numero civico di casa mia.

Dramma. Come ho fatto? Mi si sono intrecciati i diti alla Fantozzi? E che ne so? Mai sbagliato un numero di telefono? (Sì lo so, intendo una volta, quando ancora si digitavano e non si usavano esclusivamente le rubriche, chi ha più di 30 anni sa di cosa sto parlando). Panico. Mario mi affonda gli artigli nella spalla. Poi vedo il mitico linkino: "Profilo utente". Clicco, apro, correggo. Ah. Sto meglio. Tutto a posto.

Macché. L'inesorabile ingranaggio dell'imbecillità automatizzata ormai si è messo in moto, è come una valanga, è la Wermacht della vendita online. Due giorni dopo mi arriva la mail che mi avvisa che il pacco è partito, contrassegno per 23,28 euro. All'indirizzo errato. E a che serve allora modificare il profilo? A che serve il profilo stesso? E la mia identità sul divano rosso-CheGuevara de laFeltrinelli? Oddio, non ho più la mia identità, sono un tizio che non conosco che abita da un'altra parte...

Pazienza. Il pacco è partito, risulta "in transito" con il corriere SDA. Lo stato del pacco ha un che di latineggiante, "in transitum", anzi di metafisico. E' il pacco di Shroedinger, che non è vivo né morto, è in transito, quindi è vivo e morto allo stesso tempo (finché non lo apri e controlli il gatto, e qui ci arriva solo chi ha studiato fisica, cioé praticamente nessuno dalla mia generazione, compresa, in poi).

Non mi arrendo. Mi sono evoluto. Sono un homo sapiens sapiens. Lo sapevate che abbiamo due sapiens? Anche voi, non solo io. Siamo due volte sapiens. Digito, ergo sum. Cerco il numero verde di SDA, che è scritto in verde ma costa 14 centesimi al minuto senza scatto alla risposta (e perché è verde? Sarà catalitico). Chiamo. Ascolto l'infame disco che mi spiega che con i miei dati personali ci fanno i cazzi loro e che per questo devo digitare uno, per quello due, e via così fino a numeri di tre cifre. L'assistenza clienti non è prevista, il menù che ci assomiglia di più mi fa sapere di essere automatizzato. Ma io sono sapiens sapiens, e so sconfiggere le macchine: il segreto per combattere i menù a scelta è dare risposte a cazzo, purché quella seguente sia incongruente con quella che precede, alla fine il disco non sa più che pesci prendere e ti scarica a un operatore (non uno a caso, uno, proprio lui, l'unico). Arrivarci è la scoperta di El Dorado, solo chi ha un piccolo Vin Diesel dentro ci riesce.

Spiego alla signorina che il mio pacco è in uno stato quantistico di transienza e che intendo correggere il numero civico, così lo consegnano a me e non a nessun altro, mi pare logico (visto che ancora devono portarmelo) far sapere loro dove mi trovo. Presumo sia una sapiens sapiens anche lei, quindi dovremmo essere sullo stesso piano evolutivo. Mi risponde che non è possibile.

Momento di silenzio. Dissolvenza. Non è possibile. Ormai il treno è partito, va verso il burrone ma non si può avvisare il macchinista che è meglio frenare, non è possibile. Così, come se fosse sensato. Inizio a pensare che la tizia sia solo sapiens, una volta. Le dico, non hai capito un cazzo, ma te lo rispiego come se tu fossi uno scimpanzé. Stavolta capisce. E mi dice che, se il corriere non mi trova, non mi devo preoccupare, lascia un biglietto. Le chiedo a chi lo lascia, se arriva all'indirizzo di un altro. Mi dice, sulla buca o sul citofono. Le chiedo, sul citofono di chi visto che non c'è il mio nome. Lei grippa, raschia la frizione cambiando marcia al cervello (presumo stia cercando di inserire la ridotta, come gli autocarri Om di una volta), mi dice, «Le passo l'assistenza». Cioè il limbo delle musichette da ascensore, nella fattispecie una orripilante strimpellata al pianoforte proiettata a un volume che mi sfonda la scatola cranica. Nessuno risponde per vari minuti, poi cade la linea.

Ma io sono sapiens sapiens. Non mollo. Idiota laFeltrinelli, idiota laSignorina di SDA, c'è ancora la speranza che il corriere, individuo forse abbruttito dall'attività di manovalanza e di certo non uno scienziato nucleare, ma probabilmente abbastanza smaliziato da saper evitare una fatica inutile, sia almeno sapiens una volta. Nonostante la neve e i due gradi sottozero, passeggio fino al numero civico errato che ho indicato (mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!) e appiccico con otto strati di nastro adesivo un cartello formato A3, cioé 42 centimetri per 29 virgola sette, con la scritta in alto "Per il corriere SDA" stampata in arial black a corpo 42. Il cartello, visibile anche dal satellite come appare evidente, indica che non abito al 37 ma al 33, e che c'è stato un deplorevole errore. La differenza, in termini topografici, è di duecento metri, risalendo come salmoni la stessa strada. Non sapendo quando il corriere passa, non posso andare a stazionare sotto casa di un altro per un paio di giorni sotto la neve e sotto lo zero Celsius; quindi, onde evitare allo scimpacorriere di tornare una seconda volta nelle brughiere dove abito, suggerisco cortesemente ed educatamente (e con un altro paio di -mente) che si trasli di metri duecento in direzione grossomodo ovest, risalendo la stessa carreggiata, fin dove troverà il nome che cerca su un citofono, il mio. Penso che sia sufficiente, per qualsiasi tipo di sapiens, e anche per la maggior parte dei primati con pollice opponibile.

Errore. Al pomeriggio vado a controllare e trovo il mio cartello esattamente dov'era, e un avviso del corriere incollato al muro accanto all'ingresso di questa abitazione non mia. E' passato alla tal ora, non c'era nessuno (ma davvero? E dove? A casa di chi hai suonato, o beatissimo imbecille, o cavaliere jedi delle teste di cazzo?). Chiamare il numero verde catalitico per concordare la seconda consegna.

Ovviamente riprovo a chiamare, codificando correttamente con il tasto 3 la mia richiesta di parlare a una forma di vita evoluta riguardo al mio pacco transiente. Pianoforte, anzi forteforte, da spaccare le orecchie per 14 minuti. Nessuno. Specifico, da buon italiano lamentoso, che se io al lavoro non rispondo al telefono, me lo tirano in faccia. E se smetto di lavorare mezz'ora prima dell'orario, il capo del personale viene personalmente a spaccarmi i denti a calci con le Clark nuove effetto camoscio nero comprate a Edimburgo.

Il ciclo vitale della cazzata giunge a compimento quando, esausto e sfiduciato, dopocena scarico la posta e trovo una email della mia amica laFeltrinelli che mi dice, il corriere ci fa sapere che non è riuscito a consegnarti il pacco, telefona al numero catalitico per concordare la seconda consegna, e mi ricorda che l'indirizzo di consegna è il seguente: quello errato. Sono sapiens sapiens e trovo idiota che esista una procedura che normalmente, se per qualche motivo durante una normale consegna non mi trovano a casa mia, poi con una email mi ricordano il mio indirizzo. Perché, potrei averlo dimenticato? Torno dal lavoro, parcheggio in una via a cazzo, scassino un portone ed entro a casa di un altro, mi infilo le sue pantofole e mi prendo una birra dal suo frigo, con lui seduto sul divano (rosso porpora stile laFeltrinelli) che mi guarda strabuzzando le cornee?

Nell'attuale intervallo T di tempo, lo stato quantistico del mio pacco non si è ancora risolto, permane il dualismo libro-particella. Shroedinger for President. L'assistenza SDA si chiama "assistenza" probabilmente perché mentre i telefoni suonano, l'operatore sta assistendo a una partita in tv. Il sitodivano de laFeltrinelli è governato da una demenza artificiale che mi fa compilare un profilo che non usa e poi mi ricorda che abito a casa di un altro. Ionesco sarebbe felice, Kafka no (ma solo perchè era un depresso cronico, in fondo in fondo piacerebbe pure a lui).

La Sesta Lezione del manuale, caro amico che hai letto fin qui, probabilmente divertendoti alle mie spalle e ridacchiando mentre un rivolo di bava ti scende verso la fossetta del mento, è questa:

(a) Gesù ti ama. Tutti gli altri ti ritengono un coglione.

(b) E' vero però il contrario: ti ritengono tale perché la maggioranza di loro è più cogliona di te.

E' un dato di fatto dimostrato che i coglioni ci stanno un passo avanti. Per quanto ci industriamo a prevenirli, ci fottono sempre in modi che non avremmo creduto possibili, perché ragioniamo secondo L-O-G-I-C-A. La nostra razionalità ci seppellirà tutti, compresi Shroedinger e il suo gatto. I coglioni ci sono superiori, perchè non indugiano con frivolezze inutili come il buon senso, la precisione, la puntualità, la completezza: fanno le cose alla cazzo, senza secondi pensieri e senza voltarsi indietro, e mentre noi ci giravoltiamo su noi stessi cercando la circolarità perfetta del nostro stesso ombelico, loro vanno avanti, ci staccano di un paio di incollature, e sono già a fare danni più in là, dove nessun homo sapiens sapiens è mai giunto prima, e quando ci giungerà se la prenderà immancabilmente in quel posto, perché prima di lui c'è già passato un coglione.

Ne è passato uno in ogni luogo, reale o figurato, in cui possiamo pensare di trovarci; qualsiasi cosa pensiamo di fare, uno di loro l'ha già fatta alla cazzo senza possibilità di rimedio.

Darwin aveva ragione: sopravvive il più adatto, e il più adatto è quello che se ne sbatte beatamente degli altri e del senso delle cose, e tira dritto per la sua strada. I coglioni sono una forma di vita superiore. Sono il prossimo passo evolutivo, il domani che è già qui oggi. Ci sopravviveranno perché se ne fottono, anzi manco se ne accorgono. Per loro la via più breve tra il punto A e il punto B è il gomitolo, mentre noi ci ammazziamo di linee rette.

Sono ovunque, intorno a te, amico lettore, ma soprattutto dietro di te. Attento alle spalle.