lunedì 30 novembre 2009

(7) 3a Lezione: Richiesta d'Amicizia

Vediamo di capirci.
Non ci vediamo, non ci parliamo, non abbiamo notizie l'uno dell'altro da almeno 15 anni. Grazie a Dio ti ho rimosso dalla memoria, quando ripenso ai compagni di scuola, alle partite a basket del sabato pomeriggio, alle serate fuori, tu non ci sei. Ti ho stracciato via dal tessuto della mia vita.
E adesso mi mandi una richiesta di amicizia.

«Ehi, ciao, come va? Ma sei tu? Sono passati un sacco di anni! Ti ricordi di me?»

Vediamo.
Ho passato cinque anni di liceo a evitarti. Prima dei compiti in classe cercavo di cambiare posto per non averti intorno e non avere problemi. Nell'intervallo speravo che fossimo in squadra insieme, così non avrei evitato quei fottuti calci, ma almeno avrei limitato i danni - da avversario mi avresti spezzato una caviglia. In gita scolastica dormivo con un occhio solo, e con una bomboletta spray e un accendino sotto le coperte nel caso tu avessi deciso che dormivo e che valeva la pena approfittarne (per la cronaca, ci hai provato, è sparito il segno di quella bruciatura? Mi è costata un paio di lividi di quelli seri, ma Dio se ne è valsa la pena...).

E mi chiedi se mi ricordo?
Cazzo, se mi ricordo.
O almeno, adesso mi ricordo. Fino a poco fa ero riuscito a farne a meno.

Spesso abbiamo intorno gente che non sopportiamo. Ma che subiamo. Conoscenti, colleghi di lavoro, parenti, che in un mondo libero da freni inibitori aggrediremmo con una mazza da baseball, prenderemmo a calci anche dopo averli fatti svenire, metteremmo sotto in auto compresa la retromarcia. Ma abbozziamo. Un sorriso finto, e poi si gira al largo. Ce ne lamentiamo con gli amici, qualcuno anche con l'analista. E tutto questo perché? Perché dirlo chiaro e forte non fa parte del nostro corredo comportamentale, che soffoca quello genetico. Non sta bene. Procura solo guai. Come se a stare zitti li evitassimo, i guai.

E allora, mi ricordo.
Mi ricordo della clamorosa testa di cazzo che eri, e che senza dubbio anche adesso sei, nonostante l'aria ingrassata che ti dà il doppio mento e quegli occhialetti da serial killer che occhieggiano dalla tua immagine di Facebook. Ti ho dimenticato in questi anni, ma ero convinto che da quel teppista che sei sempre stato, fossi finalmente riuscito a ficcarti in qualche guaio serio, perché tutti i bulli prima o poi finiscono sotto i cazzotti di un bullo più grosso di loro. Anzi, pensavo fossi tossico, o in galera, o entrambi. Magari morto - e morto male, avrei sperato.

E invece... mi spunti fuori su Facebook e mi mandi una "richiesta di amicizia". E ti aspetti che io la accetti, in nome "dei vecchi tempi", anche se di quei tempi porto ancora almeno una cicatrice, qui, sulla spalla. Ah! I bei vecchi tempi. Intendo, quelli in cui c'era la dittatura, ma almeno gli stronzi li impiccavano.

Non so chi sei o cosa fai. Temo, perché la vita non è giusta, che tu ti sia ricavato uno spazio nella società, dal quale la rosicchi per vivere, perché il bullo ha successo e anzi è celebrato, perfino nei videogiochi. Temo anche che tu abbia trovato una donna talmente idiota da non capire l'imbecille che sei (perché l'imbecillità è genetica), o più probabilmente che lo ha capito troppo tardi quando hai iniziato a suonarla come un gong, o a inseguirla con un pezzo di corda pieno di nodi. E temo addirittura che lei ti abbia consentito di riprodurti, e inquinare il pianeta diffondendo i tuoi geni (sempre perché l'imbecillità è genetica), e producendo una piccola copia di te stesso in procinto di terrorizzare le generazioni future. Sinceramente, non me ne importa niente.

Sei stato il primo di una lunga lista, fatta di colleghi di lavoro, conoscenti, ex-amici, ex-fidanzate, e malavitosi assortiti. Grazie a te ho imparato a reagire e a non subire, e grazie a te ho superato indenne tutti gli stronzi che ho incontrato nella vita, senza danni e con un sorriso. Ma non credere che ti debba qualcosa, per questo: ho già pagato a suo tempo.

Perché la terza lezione è questa: reagire. Non accettare più. Brucia all'inferno, bastardo. Anzi, facciamo una cosa: nòminami nel tuo testamento. Non importa perché: lasciami un euro, in "nome dei vecchi tempi", un mazzo di fiori, basta un biglietto, che mi faccia sapere che il tuo corredo genetico è stato rimosso dal pianeta.

Ho nel frigo una bottiglia di spumante da mezzo litro con il tuo nome sopra.

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