mercoledì 28 ottobre 2009

(5) 2a Lezione: Le Sale d'Attesa

Leggi il codiceTutti seduti.
Il corso non prevede piani formativi, crediti o programmi.

Qualche mese io e Mario eravamo nella sala d'attesa di un medico. Avendo qualche problemuccio di salute, negli ultimi mesi ho tenuto parecchie lezioni nelle sale d'attesa dei medici, e devo dire che costituiscono un luogo d'elezione ai fini dell'efficacia. Certe nozioni ti arrivano prima.

Basta arrivare in anticipo e le sale d'attesa sono splendidamente mezze vuote. Mi sono seduto, ho tirato fuori un libro (Terza Regola del Manuale: mai andare da nessuna parte senza un libro, manco al cesso), mi son messo a leggere.

Stacco.

Nelle pagine di un libro ti scivola spesso l'orologio, di uno buono e anche di uno meno buono ma in cui l'azione e il dialogo scorrono come si deve, e non ti accorgi del tempo. Quando alzo la testa la stanza è più o meno piena. Metà della popolazione è in età pensionabile, l'altra metà è al di sotto.

Come abbiamo già detto, non sta scritto da nessuna parte che devo o non devo alzarmi in funzione della mia età anagrafica. E' una consuetudine obliqua cui tutti aderiscono perché non ci si osa a fare il contrario. Non conta il cosa fai, conta perché lo fai: se ti alzi perché devi farlo, stai seduto e abbi un po' di dignità. Se ti alzi perché ti fa sentire meglio fare una cortesia a una persona che, si suppone, ha più difficoltà di te a stare in piedi, allora il discorso cambia. Quattro culi su cinque si staccano dalla sedia per la prima ragione, quindi non ci siamo. Io di solito lo faccio per il secondo motivo.

Avverto Mario che si irrigisce sulla mia spalla, sento i suoi denti digrignare e gli sono spuntate tutte quelle piccole spine rosse sulla schiena, come fanno i porcospini. Alzo gli occhi dal libro, e infatti c'è una signora (in senso genetico, il resto è ben poco signorile) che mi fissa con la stessa aria di rimprovero che deve aver avuto li giudice che ha condannato il mostro di Milwaukee.

C'è anche un'altra signora lì accanto, avanti con l'età - okay, stiamo tutti e due dalla stessa parte del Mezzo del Cammin di Nostra Vita (vedi Lezione #1 del Manuale), ma lei è un tantino più avanti sul sentiero - e se è venuta dal medico devo presupporre che non sta del tutto bene. Mi alzo, le sorrido, e non manco di accennare con gli occhi a un paio di sedie comunque libere, perché l'ultima sedia è come l'ultimo pasticcino, tutti la lasciano a tutti gli altri e nessuno la prende. In ogni caso sono le due sedie d'angolo, dietro il tavolino, scomode da raggiungere, non importa, signora mi scusi, ero assorto nella lettura, venga si sieda. Mario intanto non molla l'altra tizia, quella che continua a fissarmi, e che quando mi alzo sfiata come la valvola di una caldaia, «Eh!...»

Ci siamo, è il momento della Seconda Regola - tra parlare e tacere, rompi gli schemi e parla. L'alternativa è girare lo sguardo e lasciar perdere, dando non solo la sedia all'una (che ci sta pure), ma anche soddisfazione all'altra.

Quarta Regola del Manuale: guarda le scarpe della gente. Ti diranno cose di cui neanche i loro amici più intimi sono a conoscenza - spesso neanche la persona in questione sa di se stessa alcune cose che le sue scarpe gridano sguaiatamente al mondo.

Squadro la tizia-vaporiera. Ha un paio di mocassini che un tempo forse sono stati neri, più usati di una carrozza di seconda classe delle Ferrovie.

Evidentemente la vita non le dà molte soddisfazioni.

Dio, donna, il mondo è pieno di cappotti nuovi, anzi di cappotti almeno decenti, al mercato li trovi anche a venti euro con Mastercard, oppure in un negozio a ottanta euro con Mastercard, ma l'aria da ex sergente dell'Armata Rossa che hai in questo momento non ha prezzo.

Anche lo shopping probabilmente ti non soddisfa molto.

E probabilmente neanche tuo marito (questa l'ho pescata a intuito, confesso, basandomi sull'elevato tasso repulsivo che la tizia mi suscita così a pelle).

Ora, c'è un motivo valido al mondo per cui debba essere proprio io, qui e adesso, a dare una piccola, misera soddisfazione alla tua acida esistenza?

Quinta Regola del Manuale: io non faccio beneficenza.

«Signora, se ha qualcosa da dire, lo dica». Mario ritira gli aculei e sogghigna, il piccolo bastardo ha già capito come va a finire, e anch'io. *Marael, stai buono*" gli sussurro. La signora dal canto suo aggrotta talmente la fronte da sembrare un klingon. Tutti siamo capaci di pensare, "Quello è un maleducato". Molti sono capaci di farlo capire in modo non-verbale, con la motilità del corpo, oppure sussurrando a una terza persona che in genere si sta facendo i fatti suoi, ma ovviamente per conformismo darà loro ragione. Pochi, veramente pochi, sono capaci di dirlo (ecco l'importanza della Seconda Regola). Infatti la signora, che lo pensa (sbagliando peraltro, scusate se lo specifico), non lo dice. E non può dire altro. E' in trappola. E non ho ancora fatto nulla. Decido di aiutarla a impiccarsi, che tra poco è il mio turno e non mi piace lasciare un massacro a metà.

Ah, dimenticavo, Sesta Regola del Manuale: parla sempre con tono normale, e sorridi. Anche se ti si spacca la mascella. Se urli, avrai chiunque contro anche se stai annunciando il Terzo Segreto di Fatima. Se sussurri, molti cercheranno di ascoltare ma pochi ci possono riuscire, specie in una sala d'aspetto dove l'età media è 70 anni e gli apparecchi acustici vanno come i ghiaccioli a ferragosto. Parla normale e con calma, così consenti a tutti di farsi gli affari tuoi. Se sorridi non puoi essere tu il cattivo della situazione, dopotutto. E se sorridi mentre colpisci duro qualcuno, fa più male.

La signora va in affanno. Me ne accorgo perché sta sbattendo gli occhi con la frequenza dei pistoni di una Ferrari. Se ci si può far venire un crampo a una palpebra, sto per vederlo succedere. Sento una sedia che si muove nello studio del medico, il prossimo sono io. Tagliamo corto.

«Vede, mi son distratto a leggere e non mi sono alzato subito», dico chiaro e tranquillo, «Lei invece che se n'era accorta, non poteva farmi un cenno anziché lasciare in piedi questa povera signora per il puro gusto di guardarmi storto?»

Lei apre la bocca per un istante, come per rispondere, e le do atto che ha la prontezza di trattenersi: le ho fatto una domanda che non ha risposte possibili, quindi qualsiasi cosa ora lei dica, passa per scema lei. Ho una illuminazione, una certezza momentanea, metterei giù cinquanta euro che è una ex-maestra elementare, o delle scuole medie ma in questo caso di italiano e geografia, assolutamente. Ha l'antipatica spillosità della bandiera del Nepal.

Regola numero Sette del Manuale: niente e nessuno resterà impunito.

«E comunque, era troppo impegnata a giudicare gli altri per ricordarsi che siamo da un ortopedico?» chiudo. Prendo le stampelle che avevo lasciato appoggiate al muro. Il medico mi lancia uno sguardo espressivo, tipo "Di nuovo?", io entro susurrandogli «Lo sai che non sopporto chi fa lo stronzo». Mario ridacchia, lieto fine, titoli di coda.

Mentre si chiude la porta, c'è ancora tempo per l'ultima gag: la signora che ho fatto sedere rimprovera la maestrina, lei stava volentieri in piedi, visto che io ho le stampelle. A volte le cose, come le torte e i polpettoni, ti riescono fin meglio di come pensi.

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