giovedì 15 ottobre 2009

(1) Come dice Mario

Come dice Mario, a un certo punto sbotti.

E dopo che mi hai cresciuto a pane e pazienza, e mi hai ficcato il mantra di restare calmi e lasciar perdere in posti che neanche pensavo di avere, e mi hai aprioristicamente inculcato l'uso di inghiottire all'incrocio, sopportare in mezzo alla bolgia, abbozzare quando è il mio turno, bofonchiare, al massimo motteggiare tra me e me nell'apice accecante di una implosione di contrarietà.

E dopo che al tirar delle somme, come di un giorno morto le cuoia, mi ritrovo ad aver aspettato il turno di un altro, ceduto la mia precedenza, scansato il mio percorso dall'onda altrui, addirittura perdìo mi scopro perfino appagato della mia presunta e inaccertata superiorità morale per aver tollerato con presuntuosa e dantesca tetragonìa il succedersi dell'accadermi intorno.

E dopo questo sottile e trasversale scivolare da lemming, a volo raso sui dossi e intorno ai pilastri dell'altrui ingombrare la mia esistenza, invadere il mio spazio vitale, respirare la mia libbra d'aria.

A un certo punto Mario dice, basta adesso.

Intravedo l'approssimarsi dei quarant'anni, e mi si schiude una rivelazione: non ho più tempo, non ho più voglia, questo spazio è mio e solo mio. Ho passato quasi quarant'anni, alla data e ora corrente, a
scansarmitolleraresopportarelasciarperdere
e adesso, proprio adesso, guardando Mario che mi fissa con quei suoi piccoli, accesi occhietti rossi, mi rendo conto che ne ho abbastanza, che è tempo di afferrarsi al terreno come le radici di una quercia, venga vento o tempesta, qui resta, scansatevi voi. E' tempo di passare alla cassa e pagare con la moneta corrente. Quella usata fin qui è fuori corso.

Come dice Mario, io non ho più problemi: da adesso, li creo.


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